Gigi Moia, Ferdinando Noventa, Agostino Andrini, Angela Taramelli, Davide Todisco, Jessica Timelli, Jessica Rinaudo, Fabio Bonometti, Vincenzo Colantonio, Caterina Chitttò, Diego Merigo, Erik Ferrari, Angelo Rossetti, Nicola Andreoli, Marco Bernardinis, Tiberia Bernardi, Elena Bassani, Emilio Bosio, Olga Mazzola, Flavio Slaviera, Aurelio Bertoletti, Davide Pesce, Jessica Rinaudo, Angelo Rossetti, Monica Scalvi, Flavio Slaviero, Angela Taramelli, Jessica Timelli, Davide Todisco, Giorgio Usanza.
Il percorso espressivo che ha portato alla realizzazione delle opere esposte in questa mostra nasce e si sviluppa all’interno di un Centro Socio Educativo (CSE), un servizio diurno rivolto a persone con disabilità psicofisica, gestito dalla cooperativa sociale “La Mongolfiera”.
Le opere presentate sono il risultato di un lavoro collettivo, che ha visto la collaborazione tra gli educatori del CSE, portatori di competenze specifiche, e la creatività autentica degli ospiti del servizio. Questo approccio condiviso riflette uno dei principi fondanti della nostra cooperativa: la diversità come ricchezza. Il lavoro collettivo diventa così spazio di sperimentazione, dialogo e incontro tra soggettività e linguaggi espressivi differenti.
Le opere esposte in questa mostra nascono dall’interazione tra due linguaggi espressivi differenti: la fotografia e l’intervento grafico-pittorico. Non si tratta solo di una scelta estetica, ma di una precisa intenzione espressiva: sovrapporre lo sguardo “oggettivo” dell’obiettivo fotografico con l’interpretazione soggettiva realizzata direttamente dalle persone con disabilità. Ne emerge una riflessione potente sul senso di identità, vissuto come spazio in continua trasformazione e come risultato di relazioni e percezioni incrociate.
L’identità, infatti, non si costruisce unicamente nella dimensione interiore, ma si definisce anche attraverso il rapporto con il contesto sociale. Mentre da un lato ogni individuo si percepisce come unico, dall’altro è la società a fornire gli strumenti attraverso cui ciascuno può trovare un proprio riconoscimento e una collocazione in cui sentirsi parte.
Ma che cosa significa parlare di identità quando si tratta di soggettività fragili o marginali, spesso escluse da modelli di riferimento dominanti e irraggiungibili? Come rappresentare l’identità di persone con disabilità cognitive in questo spazio complesso dove si intrecciano auto-rappresentazione e sguardo sociale?
La nostra risposta nasce proprio da qui: dall’interazione. Le opere sono frutto di un lavoro collettivo all’interno di un Centro Socio Educativo (CSE), dove gli educatori hanno proposto stimoli visivi e narrativi, raccogliendo le risposte spontanee e creative degli utenti del servizio. Si è partiti dai ritratti fotografici, la forma percettiva più immediata, per poi lasciare che ogni persona intervenisse sulla propria immagine attraverso segni, colori, scritte, pennellate, rendendola pienamente propria.
Il risultato è un gioco di riflessi, un continuo scambio di sguardi, simboli e intuizioni. Un processo espressivo in cui ogni opera restituisce frammenti di identità, a volte ironici, a volte malinconici, altre volte carichi di ispirazioni sorprendenti. Una molteplicità di tracce che parlano non solo della persona rappresentata, ma anche del modo in cui essa si percepisce e si relaziona con il mondo.
L’identità è relazione: gli altri sono specchi in cui ci riflettiamo. E così è stato nel nostro laboratorio artistico, dove l’immagine è diventata strumento di dialogo, scoperta e affermazione. Un invito a osservare da vicino, a lasciarsi interrogare, a riconoscere nell’arte uno spazio dove ogni diversità può trasformarsi in bellezza condivisa.